L'EUROPA A STELLE E STRISCE



Inoltrarsi, oggi, in un discorso che ha come base la fiducia nell’Unione Europea è alquanto difficile; tantomeno cercare di auspicare una “diminuzione”, ulteriore, della sovranità nazionale dei singoli Stati che ne fanno parte (termine, questo della “diminuzione", personalmente, erroneamente usato). 
In un momento in cui le sorti e il futuro dell’Unione Europea viaggiano sul filo del rasoio, con continui spintoni da parte di un Regno Unito e della sua brexit, da parte di una politica di austerità e incomprensione attuata senza spiegazioni approfondite, da parte di una immigrazione coatta senza precedenti, credo fortemente che dovremmo chiederci come poter tutelare la cosa più bella che siamo riusciti a fare nel vecchio continente.



Personalmente, e lungi da me il volermi presentare come un profondo conoscitore di tutte le problematiche europee - salvo essere un grande appassionato della materia -, credo che dovremmo trarre insegnamento dalla storia, almeno per quanto riguarda l’argomento “immigrazione”. Non è questa la sede, né il sottoscritto ne ha le capacità, di trovare una soluzione finale e reale al problema ma, perlomeno, mi piacerebbe, per una volta, poter discutere senza pregiudizi e populismi a riguardo.

Fin dalla fine del ‘800, passando per tutto il ‘900, per arrivare agli anni 2000, il Nuovo Continente ha visto tassi di immigrazione perennemente al di sopra della media mondiale. Sono stati protagonisti della più grande emigrazione di massa dell’Europa Occidentale (con picchi impressionanti, negli anni ’40, di emigranti provenienti da Paesi quali Irlanda, Italia e Scandinavia), per poi passare dall’Europa dell’Est fino ad arrivare in Asia e Oceania; ritrovandosi, negli ultimi tempi, con tassi di immigrazione elevatissimi dai confini del sud. Nel 2006, gli Stati Uniti erano la prima nazione al mondo per numero di immigrati ospitati, con 37,5 milioni di stranieri residenti legalizzati.
Tralasciando politiche delicate di stampo dottrinale e culturale quale lo “ius soli”, e sorvolando sulla politica di immigrazione fin troppo permissiva (e non legiferata), del primo ‘900, e della politica fin troppo “razziale”, nella metà del ‘900, gli USA arrivano a comprendere che bisognava controllare il fenomeno da un punto di vista federale e, non più, da un punto di vista nazionale. A partire dai primi del ‘900, così, il governo federale avocò a sé la gestione delle politiche di immigrazione ed individuò alcuni siti dove perfezionare tutta l’attività di accoglienza. Nel tempo, fino ai giorni nostri, la gestione della politica di immigrazione si perfezionò fino ad arrivare, seppur sempre più “permissiva” rispetto al vecchio continente, a quella che tutti conosciamo.
A mio modesto parere, la situazione in Europa non è poi tanto diversa da quella che il mondo, e più specificatamente gli USA, ha vissuto in prima persona. 
I flussi emigratori dai Paesi martoriati dalle guerre civili e internazionali verso la nostra Europa si sono intensificati negli ultimi anni. Questo ha portato alla “saturazione” di Nazioni quali Italia, Francia, Grecia, Ungheria - e così via - che, con un populismo galoppante, aiutato da partiti politici senza chiare idee di risoluzione, hanno portato ad una non tolleranza totale e concreta.
E’ in questo contesto, e con questa scusa, che l’Europa, sempre e solo nella mia modesta opinione, deve acquisire più poteri a livello di Unione Europea e non a livello di Unione di Stati sovrani. I tempi sono maturi per far capire al Popolo (e non ai popoli) che un Governo Unitario, simil federale, può e deve prendere piede. Questo servirebbe, innanzitutto, per passare, finalmente, oltre ad un’Unione di mero interesse economico per, infine, arrivare ad un’Unione unica sotto ogni aspetto.

Il discorso non è così semplice, me ne rendo conto ma, utopicamente parlando, se smettessimo di vedere l’Unione Europea come nata sotto la disponibilità dei singoli Stati di autolimitare i propri poteri e iniziassimo a vederla come l’opportunità che i singoli Stati hanno di aumentare i propri poteri? Non è forse più veritiero vedere un ampliamento dei poteri dei singoli Stati piuttosto che una diminuzione? Non è forse vero che, i singoli cittadini, sono chiamati a decidere su una realtà che va oltre i propri confini? Che va oltre la propria lingua?
Ebbene, partendo da questi presupposti, evitando di perdermi in diatribe giuridiche e di sentimenti nazionali, mi avvio alla conclusione di questa mia riflessione: la personale risoluzione, seppur iniziale e non per niente finale, del problema immigrazione.
Aumentando i poteri dell’Unione Europea, e creando un organo ad hoc, si potrebbero destinare dei fondi per la costruzione, in zone strategiche, largamente studiate per la loro criticità, ove collegare centri di primo soccorso, non nazionali ma Europei. I suddetti centri di primo soccorso, oltre a garantire un’accoglienza umana (come già avviene), dovrebbero essere impiegati per il riconoscimento dei singoli immigrati da destinare all’organo centrale, gerarchicamente più alto. Così facendo, i richiedenti asilo, perché di questo stiamo parlando, sarebbero muniti di regolare permesso di soggiorno, con dei limiti specifici al soddisfacimento di determinati criteri stabiliti, e, in armonia con il principio di libera circolazione nel territorio degli Stati che fanno parte dell’Unione, potrebbero essere “inviati” in altri centri, creati al riguardo, negli Stati in cui fanno richiesta per i più disperati motivi: opportunità di lavoro; ricongiunzione con la famiglia; etc. Con questa organizzazione eviteremmo anche il “via-vai” a cui assistiamo quotidianamente di immigrati, senza regolari permessi e senza riconoscimento, che si danno alle più disparate via di fuga sul territorio europeo non garantendo, così, l’incolumità dell’Unione. 
Sono seriamente convinto che, con le dovute organizzazioni al riguardo, il flusso immigratorio costante e abnorme, a cui stiamo assistendo inermi, potrebbe trasformarsi in una risorsa economica e demografica per tutta l’Unione.

Per concludere, questo mio pensiero, forse troppo lungo - quindi grazie per averlo letto fino in fondo -, è una forma di richiamo verso quei miei connazionali, e anche verso quei miei coetanei, che si sentono minacciati da quello che sta accadendo. Non è né tanto di più né tanto di meno di quello che è già accaduto in passato ma verso un altro continente. Con l’unica differenza che, volendolo, noi (in senso di Unione), potremmo affrontarlo al meglio. E’ questo il momento, mentre personaggi autoritari e nazionalisti, quali Putin e Trump, ci “abbracciano” a destra e sinistra della nostra Unione, che dobbiamo, necessariamente, imparare a camminare con le nostre gambe. E questo si potrà concretizzare, solamente, e personalmente, con un aumento dei poteri nelle mani dell’Unione.