Perché la destra ti parla con la pancia. La destra ha l’abilità di farti apparire normale cose che sono non normali, che sono fuorilegge, che sono sbagliate. La destra ti fa dimenticare con abilità tutte le persone che sono morte per la tua libertà. Quelle persone che hanno combattuto affinché tu potessi viaggiare senza alcun problema, sotto un secondo idioma comune a tutti, sotto più bandiere.
Ultimamente è tutto un discutere di “Destra”. La destra quella marcia, quella violenta, quella che inneggia ad anni passati, segregata nelle zone buie delle città e che oggi cammina a faccia alta, ostentando un viso ripulito e una moda propria.
Tutti ne parlano, tutti indagano ma nessuno spiega il perché: il perché di questa escalation, il perché dovremmo avere paura di una destra e, soprattutto, il perché la destra sia rinata negli ultimi anni.
La verità è che la destra non è mai morta. Almeno per quello che io possa ricordare. Non era morta quando era bambino in casa mia, non era morta nemmeno quando andavo al liceo né, per quanto possa concludere, era mai morta negli anni precedenti. La destra era nascosta per bene e, all’oscurità di persone che dovevano proteggerci dal suo ritorno, mieteva proseliti oggi cresciuti e, evidentemente, stufi di restare nascosti.
Quando ero bambino tutto era sicuramente più facile di oggi ma, allora, credevo che non tutto fosse così facile per come me lo raccontavano. Mi piaceva leggere, avevo veramente pochi amici – né ero interessato a farmene di nuovi – e in me vedevo la mia migliore compagnia. In casa mia la sinistra non è mai stata considerata: la famiglia di mio padre era cresciuta con la Democrazia Cristiana, quella di mia madre ricordava Giorgio Almirante e votava Alleanza Nazionale.
Sono sempre stato abituato a sentir parlare di politica, non che i miei fossero dei militanti ma, a tutt’oggi, è un argomento cardine della nostra vita. Ci piace discuterne, ci piace informarci e confrontarci, e oggi come ieri, la cosa è sempre rimasta bene in voga.
Sono sempre stato abituato a sentir parlare di politica, non che i miei fossero dei militanti ma, a tutt’oggi, è un argomento cardine della nostra vita. Ci piace discuterne, ci piace informarci e confrontarci, e oggi come ieri, la cosa è sempre rimasta bene in voga.
Intanto il tempo è passato: i tre anni delle scuole medie sono volati, Berlusconi si alternava con Prodi, mio zio saliva al Parlamento Europeo con l’UDC e Fini si impegnava a ripulire la faccia dell’estrema destra: “siamo di destra, più a destra degli altri ma non così a destra da diventare illegali”. Le mie passioni continuavano, i libri si moltiplicavano, Dan Brown superava Stephen King, Matrix spaccava culi al cinema, e io continuavo ad avere quei pochi amici contati.
Gli anni del liceo sono quelli che segnano la vita, nel bene e nel male. Per quanto mi riguarda sono stati i miei migliori anni. Ma è lì che la destra mi ha rubato il cuore. Nel mio liceo, per le ragioni più disparate, la distinzione tra destra e sinistra era veramente marcata. La si sentiva dovunque. Non si poteva rimanere inerti, non si poteva rimanere senza schierarsi. Anche rimanere in centro significava portarsi fuori dalla “vita politica” della scuola. Gli amanti della politica come me non potevano tirarsi indietro dallo scegliere, non eravamo mica degli ignavi!
Ora, tutti conoscevano il simbolo della sinistra: la falce e il martello. Tutti. Ma io venivo da una famiglia di destra, mi avevano insegnato – ma senza volerlo, i miei sono sempre stati molto liberali in questo: “le idee sono tue e tu devi decidere” – che i comunisti non facevano per me. Questa idea di di tutto per tutti, della divisione comune, oltre ad essere una cosa utopica non era di certo accettabile per i possessori di proprietà privata. E se i miei si schieravano a destra, seppur moderata, anche non essendo imprenditori e avendo difficoltà ad arrivare a fine mese, allora la cosa doveva essere vera.
Insomma, mentre della sinistra si conosceva tutto, della destra si conoscevano esclusivamente le cose che ci insegnano a scuola. Non poteva di certo essere così. Ne ero sicuro. Forse dovrei iniziare ad informarmi, ma da chi e, soprattutto, da cosa? Chi meglio dei ragazzi di estrema destra possono indirizzarmi sulla “vera” verità della destra? E’ qui che ha inizio il mio proselitismo.
Le riunioni sono private. Quasi segrete. Sulle pareti ci sono fotografie di personaggi a me sconosciuti. Sulla parete in fondo c’è una libreria piena di libri di scrittori mai sentiti, di mai lette. Sulla parete di sinistra due bandiere: una di Forza Nuova, l’altra rossa, con un cerchio bianco e una croce celtica nera. Sulla parete di destra un tricolore. L’ordine del giorno sono i termosifoni della scuola che non funzionano, bisogna fare qualcosa. E quel qualcosa la possono dire tutti, anche io che sono nuovo. Nessuno mi conosce eppure, quando parlo, tutti ascoltano. Figo! Da lì a ritrovarsi nelle manifestazioni per gli argomenti più vari il passo è breve.
La destra è furba. La destra, quando sei un ragazzino, ti fa credere che sei importante. Ti rende parte di qualcosa: “Guarda Gì, siamo tutti come te. Non ci identifichiamo in nessun partito. Non abbiamo nessuno che ci rappresenti ma, qui, qui siamo qualcosa. Noi siamo qualcosa. Noi siamo i tuoi fratelli”.
La destra è affascinante. Ti modella il corpo e la mente. In tasca il libro e le mani pronte a combattere.
La destra è affascinante. Ti modella il corpo e la mente. In tasca il libro e le mani pronte a combattere.
Cinque anni passano in fretta, alle elezioni si vota il partito più a destra che c’è a seconda di chi si candida. Ma questi partiti sono comunque sempre inespressivi. I libri “consigliati” si susseguono e i miei romanzi sono quasi spariti dalle mie letture. I miei amici si sono moltiplicati ma è cambiato anche il mio modo di rapportarmi con loro: non parliamo molto di noi, parliamo di quello che possiamo fare per andare contro al sistema di sinistra. La mia camera era un altarino fascista: una bandiera nera con la croce celtica bianca, la foto del Duce in un angolo, frasi aitanti appese alle pareti, il mio gubbino di jeans con il tricolore come toppa, e gli anfibi sempre ben allacciati che “mica combattiamo come i pedilordi con quelle scarpe che si tolgono sole dai piedi”.
Fino ad una sera. Quando si parlava di manifestare non ricordo nemmeno per cosa. Qualcuno disse: “ok, abbiamo organizzato. Dobbiamo stabilire a che ora andare a fare la rissa con i comunisti ai giardini di sotto”. “Abbiamo organizzato una rissa?”. “No, loro non lo sanno. Però visto che saremo in tanti potremmo andare a trovarli”.
Picchiarsi. Ho vent’anni e dovrei trovare la scusa per picchiarmi con qualcuno che magari conosco ed è in classe con me?
Quella sera finì il mio proselitismo. Leggevo nuovamente romanzi, gli amici erano tornati in numero esiguo come quelli di prima e io me ne stavo fuori dalla vita politica del liceo. Perché essere estremisti è essere stupidi. E ora sì che mi sento stupido ad essermi visto, all’epoca, con una tizia bellissima, di nascosto, perché lei era di Esankata (un movimento di sinistra). Nessuno poteva sapere della nostra relazione, che figura ci avremmo fatto? Ci volevamo bene, ma era troppo difficile e troppo stressante vederci di nascosto, e noi credevamo davvero tanto ai nostri ideali. “Ciao Giulia”. “Ciao Gì, ci vediamo domani?”. “Sentiamoci”. E non mi feci sentire mai più.
Sembrava tutto così stupido. Non so. Forse sono io fatto male. Resto comunque di destra, di estrema destra. Mi va bene così.
Passano gli anni, vado in un’università e i libri cambiano radicalmente. Anche la mia sensibilità inizia a cambiare. Ma mi sento ancora di destra, di estrema destra.
Ma poi arriva un aereo, e dopo di quello ne arrivano molti, molti, molti altri. Passano le nazioni, passano i continenti, passano le persone. L’Erasmus, le ragazze Ucraine, i compagni di corso Arabi, Sud Americani, del Grande Nord e dell’Oriente.
Saltano i confini, le identità nazionali, saltano gli ideali vecchi di settant’anni. La bandiera tricolore si trasforma in una blu a stelle gialle. Da lì una bandiera bianca con un planisfero azzurro. Il diritto internazionale diventa il tuo pane e il viaggio si trasforma nella tua vita. Non sei più di destra. Forse, allora, non lo sei mai stato. Ma allora perché?
Saltano i confini, le identità nazionali, saltano gli ideali vecchi di settant’anni. La bandiera tricolore si trasforma in una blu a stelle gialle. Da lì una bandiera bianca con un planisfero azzurro. Il diritto internazionale diventa il tuo pane e il viaggio si trasforma nella tua vita. Non sei più di destra. Forse, allora, non lo sei mai stato. Ma allora perché?
Perché la destra ti parla con la pancia. La destra ha l’abilità di farti apparire normale cose che sono non normali, che sono fuorilegge, che sono sbagliate. La destra ti fa dimenticare con abilità tutte le persone che sono morte per la tua libertà. Quelle persone che hanno combattuto affinché tu potessi viaggiare senza alcun problema, sotto un secondo idioma comune a tutti, sotto più bandiere.
Il cuore ha riniziato a battermi nel petto dopo allora. Era abbastanza nero quando l’ho riavuto ma ora posso dirvi che è rosso acceso. E non rosso perché mi sento della parte opposta. Ma rosso di vita. Perché ogni forma di estremismo è sbagliato. Perché, ad oggi, posso affermare con certezza che l’estremismo, tutto l’estremismo, si coltiva nell’ignoranza. Si coltiva nella menzogna. Tutto quello che vi dicono è falso. Prendono il vostro controllo e voi non ve n’accorgete.
Pensateci bene. Sbagliate perché se non sbagliate non potete capire. Ma lasciatevi una riserva quando vi avvicinate alla destra.
Perché la destra estrema è un cancro che va estirpato. La destra estrema è come una ventenne incontrata a quarant’anni: è affascinante, è seducente, sexy, ma non ha niente da darvi. Perché non è matura come voi. Perché non vi farà crescere. Fatevi un giro e lasciatela andare. Giusto per capire com’è. Ma lasciatela andare.
E viaggiate, che vi fa bene.
P.S.: e oggi, nel 2018, il mio voto è andato ad Emma Bonino.