“Chi non ha fatto l’Erasmus non può comprendere..."

 “Chi non ha fatto l’Erasmus non può comprendere in pieno cosa significa”

Così mi dicevano le persone, gli amici, che erano tornati dall’Erasmus con un velo di malinconia in un occhio e una scintilla di felicità nell’altro. Personalmente, continuavo a non capire. Continuavo, forse con un po’ di invidia, a voler nascondermi quelli che erano i fatti.


Poi, d’un tratto, ti ritrovi catapultato in un mondo non troppo lontano dal tuo. Ma, sicuramente, molto lontano da quello che è nella realtà.
E allora capisci cosa significava quella frase. Capisci cosa ci sia di diverso e di inspiegabile in un mondo che, finché non viene vissuto, risulta incomprensibile, o meglio, risulta offuscato dalle parole troppo piene della gente che te lo racconta. Che te lo illustra.

Ho viaggiato tanto negli ultimi sei anni. Fra qualche giorno supererò i 100.000 Km solo negli ultimi due anni. Posso dire di aver sempre avuto la valigia pronta. Senza pensare troppo alla meta, solo con la voglia di ammirare quello che mi circondava. E più giri e più vuoi girare. Perché ti accorgi di quanto la tua mente sia stata chiusa fino ad allora.

E l’Erasmus questo è in fin dei conti. Un viaggio immenso in un viaggio statico che ti ha portato in una sola città. Ma ti accorgi di essere in viaggio quando ti ritrovi di sera in una casa con mezzo mondo al tuo fianco. Quando capisci che non ci sono più barriere se non la distanza che è fine a se stessa. Non esistono barriere linguistiche perché c’è la voglia di comunicare. E pur se non si conosce bene la lingua posso assicurare che ci si riesce a comprendere. E anche bene.

E ti ritrovi in questa casa a viaggiare per l’est Europa, per il grande nord, oltre oceano, semplicemente rimanendo seduto su un divano.

Ti fai ingordo di tutto questo e ne vuoi ancora e ancora. Finché non crolli per la stanchezza. Finché il tuo cervello non ha acquisito tante di quelle nozioni, di quelle differenze tra culture, di cui tu hai una voglia matta. E il giorno si restringe. Le ventiquattrore non ti bastano per ingoiare tutto quello che hai. Ma questo vale per tutti.

L’Erasmus è un mondo a se. Lontano dal reale. Ti accorgi di aver familiarizzato con persone che staranno con te per pochi mesi. E cerchi di attaccarti al possibile, all’impossibile. Diventano la tua famiglia per il semplice fatto che qualcuno vi ha messo sulla stessa strada per un tempo limitato. Ma è quel tempo limitato che ti fa apprezzare il tutto.

La tua famiglia, i tuoi amici di anni, rimangono sempre là. Sai che ci sono. Sai che li rivedrai. Sai che, come dopo ogni viaggio, tornerai e li ritroverai dove li avevi lasciati. E’ la bellezza del viaggio. E’ la maledizione di ogni viaggio. Ti ritrovi a girare il mondo, a vedere cose che altri forse non vedranno mai e, comunque, il tuo pensiero va sempre a quella che per te è casa. Però, come ad ogni ritorno, quando sei a casa, hai il pensiero puntato sulla prossima meta. Sul prossimo aereo. Sulla prossima valigia. Però è qui che sul tuo occhio scende il velo di malinconia: niente sarà mai paragonabile ai tuoi mesi di Erasmus. Né riuscirai mai a spiegarli.

E’ un mondo a se. Tutto è all’estremo. In questi sei mesi i miei occhi hanno vissuto parecchio. Così come il mio corpo. Spesso portato all’estremo della sua abitudinarietà. L’Erasmus è un mondo totalmente fuori dalla vita reale. E’ una questione di universo individuale. Di un qualcosa che ti accomuna con ogni angolo del mondo in una piccola città che, probabilmente, non rivedrai e, sicuramente, non rivivrai mai più.

Negli ultimi anni ho vissuto tanto. Ho viaggiato tanto. E spero di continuare a farlo per il resto della mia vita.

Ma una cosa è sicura: “Chi non ha fatto l’Erasmus non può comprendere in pieno cosa significa”